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Intervista a Sara Gavioli

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Dire che è un onore sa molto di retorica. Per cui dirò che sono molto felice di poter intervistare Sara Gavioli (www.gaviolisara.it) , autrice di diversi romanzi, blogger, instagrammer, youtuber e… supereroe. Sì, perché i suoi superpoteri vanno dalla capacità di orientamento nel marasma   mondo dell’editoria italiana, alla superforza che aiuta a sopravvivere in questa giungla dove spesso gli esordienti zelanti penetrano senza bussola né mappa alcuna. Di sicuro combatte per il bene: lo capiamo dalla sua grande spontaneità. E su quella non si può simulare. Per cui, parliamo subito di lei.

Ciao Sara.

Salve, Marco. Ti ringrazio, per l’intervista e per quello che dici su di me.

Descriviti in tre parole.

Sembrerà strano, ma questo tipo di domanda è il più difficile a cui rispondere. Mi ricorda la prima intervista che ho fatto dopo la pubblicazione del mio esordio, in cui mi hanno chiesto di associare un colore al libro e sono rimasta perplessa. Non ci si pensa mai, ma chi scrive si trova spesso a vivere momenti davvero strani; le interviste, secondo me, sono sempre un po’ surreali. No?

Comunque, le tre parole.

Diciamo: frammentata, creativa, ostinata.

Ora descriviti in due parole.

Devo sceglierne due tra quelle di prima? Allora creativa e frammentata.

La parola che hai omesso dice molto su di te. Un po’ come i lapsus freudiani.  Ora descrivi in due parole l’editoria italiana.

Oh, cielo. No, aspetta, non sono queste. Dirò vecchia e cieca.

Perché affidarsi a un editore? Perché non affidarsi a un editore? 

Un editore può ancora fare molto di buono per un libro, in realtà. La mia risposta preferita, in generale, è sempre “dipende”, e calza anche qui. Cercare qualcuno che gestisca la pubblicazione per noi è una buona idea se scriviamo storie adatte al mercato, se non abbiamo tempo, denaro e voglia per fare da soli, e se non abbiamo ancora esperienza del mondo editoriale. Ritrovarsi ad affrontare tutto senza aiuto può diventare un incubo.

Se siamo già svezzati, abbiamo qualche esperienza del settore e possediamo gli strumenti per gestire il lavoro editoriale, e abbiamo un’idea concreta di quel che intendiamo costruire, allora l’autoproduzione può essere la scelta giusta.

Lo so, è una risposta che non dice molto. C’è un motivo se esistono interi saggi dedicati all’argomento; è una questione complicatissima.

Un falso mito sul self-publishing.

Be’, quello più banale riguarda di certo la qualità dei testi. Il self non è un “gruppo”, una categoria; affermare che ogni storia autoprodotta sia di scarsa qualità sarebbe come dire che tutti gli e-book sono noiosi. Che significa?

Per essere più originale te ne dico anche un altro: l’idea che gli autori in self facciano questa scelta perché rifiutati da tutti gli editori. Ormai, è una strada che si sceglie fin dall’inizio. Io, per esempio, ho ricevuto molte offerte di pubblicazione ma le ho rifiutate perché volevo lavorare in modo indipendente.

Come si diceva, la vita di un esordiente è una giungla. Ma tu sei ferratissima e hai un fiuto eccezionale nello scovare la “sola” dietro l’angolo. Dimmi il modo più fantasioso per mungere o spennare un esordiente, tolta l’ “editoria” a pagamento.

La creatività su questo non manca. L’ultima moda è porre come condizione per l’uscita del libro il raggiungimento di un certo numero di preordini, da incassare ancor prima dell’uscita. Le aziende che adottano questo modello sono sempre più numerose; il problema è che molte non aiutano per niente la scrittrice o lo scrittore, che così finisce per preordinare il proprio libro con disperazione o costringere tutta la famiglia a farlo. A me sembra comunque editoria a pagamento.

Agenzie editoriali. Agenzie letterarie. Agenzia delle Entrate. Quali le differenze e quali emozioni ti suscitano.

Qualcosa in comune c’è. *ride*

L’Agenzia delle Entrate è crudele ma in fondo fa il suo lavoro, almeno.

Detto ciò, come sempre c’è chi è onesto e chi no. Purtroppo, al di là di affidarsi a un’agenzia privata per l’editing o a un agente letterario, l’importante è conoscere bene le persone con cui si lavora.

Hai fatto l’editor. Ne hai viste di cotte e di crude. Prima vorrei sapere quante volte ti è capitato di incontrare un protagonista di nome John che vive a Los Angeles. Poi dicci come un romanzo non dovrebbe essere scritto. Insomma, dicci qual è il sacrilegio più grande, paragonabile solo alla bestemmia di mettere la panna nella carbonara.

Los Angeles, Londra e New York sono i luoghi in cui accadono il 99% delle storie scritte da italiani, il che dovrebbe farci riflettere. Quando ne trovi una ambientata in un paesino sconosciuto quasi ti commuovi. E leggi con più interesse.

Diciamo che il problema non è tanto mettere la panna nella carbonara, quanto pretendere che altri mangino senza lamentarsi. La scrittura finalizzata alla condivisione con un pubblico deve avere lo scopo principale di comunicare qualcosa; se partiamo da questo presupposto, dovremmo avere a cuore il lettore e la sua felicità. Potremmo amare la panna nella carbonara, ma se intendiamo servirla ad altri dovremmo prima assicurarci che vogliano provarla, ecco.

Su questo ho scritto un intero saggio: si chiama “La letteratura inesistente” e si rivolge proprio a chi vuole scrivere con affetto per chi leggerà. Non ci sono consigli di scrittura come “usa pochi avverbi”, ma c’è dentro tutto quel che ho imparato su come raggiungere il cuore dei lettori.

Facce ride! La storia involontariamente più comica che ti è capitato di leggere.

Oh, potrei citarne a centinaia. Ma non lo farò, perché le bozze inedite sono materiale privato e non vanno divulgate, men che meno prese in giro. Posso dirti che ho letto cose che voi umani…

Seria e professionale. Non mi aspettavo niente di meno.

E poi hai pensato a Youtube. Ma per fortuna non sei una youtuber caciarona e superficiale. Come fai con la tua umiltà e genuinità a cavartela così bene in un mondo simile? Forse perché la sincerità premia sempre?

Mah, onestamente non saprei. Io ho preso una telecamera e ho iniziato a registrare, fregandomene della qualità video o audio e di tutto il resto. All’inizio registravo in un angolo del monolocale in cui vivevo, accanto al frigo che faceva un casino assurdo. Non c’era mai luce, la vicina creava rumori a ogni ora del giorno e della notte. Insomma, ho continuato solo perché mi divertiva.

Ecco, forse il segreto è questo: fare ciò che ci piace, e basta.

Parliamo ancora di emozioni: gioia. Quale dei tuoi romanzi te ne ha regalata di più?

Il mio preferito rimane “Miasma”, perché penso sia il più maturo. Nonostante questo, “Clinamen” vende ancora copie ogni giorno e questo mi riempie d’orgoglio perché anche dopo più di un anno sembra incuriosire. Sono fiera di entrambi, ci ho lavorato tantissimo.

Tristezza (un certo tipo di). Parlaci del tuo romanzo d’esordio.

Non ne parlo mai molto, perché lo ritengo un romanzo “giovanile”. Era il mio primo tentativo e non è andata malissimo; ricevo ancora complimenti da chi lo legge. Sono felice di non dovermene vergognare, insomma. Spero di poterne riprendere i diritti e di ripubblicarlo in versione aggiornata.

Rabbia. Quando, ad esempio? Io, personalmente, esplodo quando leggo i commenti social sgrammaticati.

Telo detto.

Un pò di più.

Habbiamo. (sì, ho trovato anche questo).

Credi che stiamo vivendo una involuzione del linguaggio?

Ho conosciuto tantissime persone ignoranti e devo dire che molte di loro sono genuine e interessate alla crescita. Mi arrabbio molto di più con il figlio di papà ricchissimo che si crede una divinità e che vuole comprare qualsiasi cosa subito, anche i lettori. Quello mi fa molta rabbia, sì.

Saltando di palo in frasca, oramai se dico “Clinamen” non penso più a Democrito ma a Sara Gavioli. Lo sai che “Clinamen” mi è piaciuto proprio tanto?

Ne sono onorata. Continua ad avere successo, quel libro; e pensare che dal mondo editoriale mi era stato detto che i lettori non avrebbero capito la sua forma un po’ stramba.

Un consiglio per gli esordienti. Lo so, esordienti suona tanto male. Allora dacci un consiglio per chi ha scritto e vuole fare sul serio.

Leggete il mio saggio! Oppure guardate i miei video, almeno. Se no io qui che ci sto a fare? No, seriamente: informarsi è la via. Chi scrive si fa fregare con facilità solo se non si è dato del tempo per ascoltare esperienze e riflettere. I miei video sono gratuiti, suvvia.

Momento Marzullo: scrivere fantasy in Italia è pazzia o la pazzia aiuta a scrivere meglio il fantasy in Italia? 

Ci vuole un po’ di pazzia per scrivere in generale (specie in Italia), no? Il genere fantasy ha degli estimatori super affezionati, bisogna solo scovarli. Non sono tantissimi, però sono affamati di qualità; sono un pubblico esigente ma che potrebbe dare tantissimo a chi darà loro storie di un certo livello.

So che ti fanno orrore, ma sai che gli insetti rappresentano un vero e proprio successo sul piano evolutivo? Se te li raccontassero in un modo alternativo, potresti riuscire ad apprezzarli?

Ehm, ok? In realtà non odio gli insetti. Ho la fobia di api e vespe, semplicemente. Le apprezzo comunque e in genere evito di ucciderle, ma non riesco a star vicino a loro. Non so quale trauma infantile abbia causato questa fobia, ma non ci posso far niente.

Raccontaci la Sara che verrà, senza spoilerare troppo.

Vorrei che la raccontassero a me. La Sara che verrà dovrebbe smetterla di fare progetti astratti e iniziare a mettere in pratica tutte le idee splendide che le vengono alle tre di notte, secondo me.

Una parola per concludere. Io dico “ornitorinco”. Tu?

Fernweh.

Continua così, nella tua ardua missione di supereroe. E ricorda: da un grande potere derivano grandi responsabilità (scusami, non ho potuto resistere).

Grazie mille Sara!

Grazie a te, e a chi leggerà. 😀

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